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STORIA DEL TANGO

STORIA DEL TANGO

Il problema relativo alla derivazione del nome tango non è soltanto di interesse etimologico. Siccome le ipotesi sono tante, lo stabilire con certezza da dove derivi tale termine, aiuta ad orientarsi nella costruzione della storia delle origini di questo ballo misterioso. Josè Gobello, che ha affrontato il caso in tutti i suoi aspetti più reconditi, ha scritto un intero capitolo sull'argomento: Tango, vocablo controvertido, pubblicato in  Historia del tango,  senza poter garantire, come il titolo denuncia, una conclusione universalmente accettabile.

Dall'analisi della molteplicità delle fonti oggi disponibili a livello mondiale, ho ricavato un elenco di ipotesi che di seguito espongo. 

          TANGO:

  • Deriva dal termine francese tangage che significa beccheggio. In tale ipotesi, si paragona al movimento oscillatorio delle imbarcazioni una iniziale figura caratteristica del ballo consistente in una specie di dondolio. 

  • Deriva dal verbo latino tangere che significa toccare. Il riferimento, in tale ipotesi, è allo stretto contatto dei partners.

  • E' un termine di origine giapponese che corrisponde ad una città nipponica e ad una festa che in quella città si svolgeva. Il termine sarebbe stato mutuato dalla lingua parlata dalle comunità giapponesi trasferitesi a Cuba alla fine del XIX secolo.

  • E' un termine spagnolo che significa ossicino.

  • Deriva da fandango, una danza andalusa di provenienza araba. Il fandango si diffuse in Spagna durante il secolo XVIII e da qui fu portato in Argentina.

  • Deriva da tango flamenco (tanguillo) che si sviluppò in Spagna alla fine del XIX secolo e si incanalò in un duplice filone:

    • il tango gitano che esasperò le figure femminili ad aperto contenuto sessuale, suscitando scandalo. I partners ballavano a distanza; ma la dama assumeva atteggiamenti sensuali molto provocatori;

    • il tango delle scuole, che fu limato e reso compatibile con i costumi dominanti.

  • Deriva da tangos, nome dato ai locali che rappresentavano i ritrovi dei neri e degli immigrati in genere; molte feste di neri si svolgevano in case private: tali case stesse erano chiamate tangos.

  • Deriva dal termine africano tambo che significa tamburo. 

  • Deriva da tangano, nome di un ballo che gli schiavi negri portarono in Argentina.

Le fonti letterarie sono diverse e significative. A volte convalidano (in maniera più o meno convincente) alcune delle suddette ipotesi; altre volte aprono scenari ancora più suggestivi:

  • Il Diccionario de la Real Academia Espanola, del 1803, riporta che il termine tango esiste dal 1836 col significato di ossicino.

  • Horacio Salas non ha dubbi sulla derivazione portoghese del termine.

  • Secondo Enrico Corominas tango indica genericamente una danza argentina. Nel suo Diccionario etimologico afferma che il termine tango, inizialmente indicava una danza dell'isola Fer, e dopo è stato introdotto nelle Americhe con due significati paralleli: 

    • "Riunione di neri per ballare al suono del tamburo";

    • "Nome del tamburo stesso".

  • L'ipotesi della derivazione da tambo è sostenuta sia dal sociologo uruguaiano Daniel Vidart (Teoria del Tango, Montevideo, Ed. de la Banda oriental, 1964) che da Blas Matamoro. Vidart non esclude la derivazione da tangir, tocar, nel significato di suonare uno strumento. Per Blas Matamoro (La ciudad del tango, Buenos Aires, Galerna, 1959) tango e tambo sono onomatopee: nelle feste nere era immancabile la presenza del candombe, uno strumento a percussione fondamentale per qualsiasi tipo di danza.  

  • Lydia Cabrera, studiosa di religioni caraibiche, ha inserito nel suo Vocabolario Congo il termine tango col significato di sole.

  • Fernando Ortiz sostiene che tangos è parola di derivazione cubana, ed è legata ad una tradizione tipica dell'Avana, le cui tracce portano alla fine dell'Ottocento: durante la festa dei Re Magi, gruppi di uomini mascherati da diavoli correvano e ballavano per le strade al suono di strumenti primitivi.  

  • Carlos Vega, che è uno dei più grandi studiosi di folklore latino-americano, ha trovato:

    • in Messico le tracce di un ballo chiamato tango, risalente al XVIII secolo;

    • in Argentina un tango andaluso con caratteristiche zigane, già presente nel 1880. 

    Egli esclude in ogni caso, nella formazione di tale danza, elementi di origine nera.

  • Meri Lao suggerisce l'ipotesi che "il termine tango designasse  il porto dell'Africa dove i trafficanti raccoglievano i cosiddetti 'pezzi d'ebano', e anche il posto in terra americana dove li vendevano." (lao MERI,  T come Tango, Roma, Elle U Multimedia, 2001). 

  • E' il caso inoltre di ricordare che il rapporto fra tango flamenco e tango è stato oggetto di uno studio approfondito da parte del francese Jacque Bense, il quale ha ricostruito il percorso completo, durato alcuni secoli, dei balli che si possono considerare antenati del tango (Les Danses en vogue). L'Autore sostiene che il tango flamenco (spagnolo) già esisteva nel XV secolo: lo avevano portato i Mori nelle regioni del Sud. Trattandosi di un ballo equivoco e moralmente scomodo, fu osteggiato quasi ovunque. Nelle regioni del Nord della Spagna fu addirittura abolito con provvedimenti ufficiali di divieto. Fuori dalla ufficialità, la danza sopravvisse nelle abitudini di gruppi appartenenti agli strati sociali più poveri e presso alcune comunità di gitani che si spostavano da una località all'altra. Quando molte famiglie gitane si trasferirono in Centro America in cerca di fortuna, il tango flamenco mise nuove radici a Cuba e dintorni. Mescolato a motivi ed elementi africani, diede origine all'habanera cubana che, come tutti sanno, è la madre diretta del tango argentino. Gli 'scandalosi' intrecci di gambe, tanto per fare un esempio, sono passi di habanera... e il tango li ha esaltati.

 

  IL RITMO

Il ritmo è di derivazione negra. Più precisamente, prende le mosse dalla habanera cubana, a sua volta emanazione di motivi africani portati dagli schiavi in America Latina nel XVIII secolo (fatta salva la ipotesi di ricostruzione del citato Jacque Bense). 

L'habanera nasceva come piattaforma musicale e basta. Raggiunse la forma compiuta del classico brano con testo, attraverso l'incontro e la fusione con la payada, che era un canto poetico caro alle genti delle campagne. Habanera più payada generarono la milonga (che fu anche una danza): un canto malinconico e triste che raccontava le difficoltà della vita e le pene d'amore della povera gente, al suono di chitarra, flauto e violino. La milonga rappresentò a tutti gli effetti la matrice del tango. Non a caso, fino al 1910, il tango fu chiamato milonga con cortes. Per completezza di informazione, devo ricordare che secondo Leòn Benaros (El tango los lugares y casas de baile, in Historia del tango, Buenos Aires, Corregidor, 1977) il termine milonga designava la prostituta.

Vicente Rossi nel libro Cosas de Negros (1926) ricostruisce un duplice rapporto di filiazione diretta: il candombe genera la milonga; e la milonga genera il tango. Il candombe è stato creato dai neri di Montevideo.

Il genere tango fu presto assimilato dagli immigrati europei che ne colsero la profondità ed una sorta di bellezza malinconica, legata al senso delle cose perdute. La sua musica sembrava il sottofondo più idoneo a segnare il ritmo della emarginazione e della sconfitta. 

Inizialmente la musica del tango fu scritta in 2/4 ed il ritmo era abbastanza veloce. Successivamente fu scritta in 4/8 e 4/4. Man mano che prese piede l'abitudine di aggiungere il testo alla musica, il ritmo fu rallentato. 

A partire dal 1917, l'uso del tango cantato fu generalizzato. In quell'anno, Carlos Gardel  presentò in un teatro di Buenos Aires il brano "Mi noche triste". Il successo fu strepitoso. Già nel 1915, in verità, era stato composto da Rodriguez il famoso pezzo "La cumparsita". Ma fu sempre Carlos Gardel a lanciarlo, dopo che diventò celebre, assieme ai classici "Choclo" di Villoldo e "Caminito" di Filiberto. Nei pochi anni della sua carriera, Carlos Gardel portò il tango in giro per il mondo: in tutta l'America e in tutta l'Europa, prima come cantante e dopo come attore. Si racconta che quando morì, nel 1935, a soli 45 anni (in un incidente aereo), molte donne in Argentina si suicidarono per aver perso il loro idolo.

 

La svolta di ASTOR PIAZZOLLA

Dopo la morte di Carlos Gardel, assieme al mito del personaggio, crebbe l'amore per il tango. Dal 1940 in poi, a parte la pausa bellica, si assistette ad un crescente interesse per il tango, anche dal punto di vista artistico-musicale. In Argentina molte scuole e molte orchestre proposero varianti stilistiche che influivano direttamente sul piano del ritmo. Alcuni musicisti tornarono ad un tango più veloce e più vicino a quello delle origini, riproponendo un tempo di 2/4. 

Il più grande compositore degli ultimi decenni è stato Astor Piazzolla (1921-1992). Egli si affermò negli anni settanta con Libertango, oggi riproposto in decine di versioni raffinate, da grandissime orchestre. L'originalità di Piazzolla consiste nell'aver introdotto elementi jazz nella piattaforma tango, col risultato di tirarne fuori un prodotto musicale di altissima qualità, degno di essere classificato come musica classica. A tal fine egli ha utilizzato egregiamente chitarra elettrica e xilofono. Il tango di Piazzolla non si balla, date le alterazioni ritmiche e i giochi di sovrapposizione di più melodie. Ma quando lo si ascolta, viene voglia di volare!

 

1 comentario

Jordan Jumpman -

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