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COL CUORE IN ITALIA

PONTE MESSA

PONTE MESSA
 
   
 

Ponte Messa è una frazione di Pennabilli  e prende il nome dal torrente Messa , che riversa in questo luogo le sue acque nel fiume Marecchia .
Qui è ancora in funzione un antico MULINO, eloquente esemplare di edifici che si ripetevano lungo tutto il percorso del Marecchia e dei suoi affluenti ,sia per macinare il grano, che la polvere da sparo , ricavata dallo zolfo della miniera di Perticara .
Il mulino Ronci di Ponte Messa oltre che per la produzione di farina , viene utilizzato , anche come segheria avvalendosi dell’energia idraulica .
Di notevole interesse colturale è il MUSEO DI INFORMATICA E STORIA DEL CALCOLO , inaugurato il 13 luglio  1991 , meta privilegiata del turismo scolastico e rappresenta la prima iniziativa del genere in Europa.
Il Museo si struttura in due sezioni :calcolo e informatica, con una eccezionale ricchezza di materiale, dal pallottoliere, al computer ed ha finalità scientifiche, didattiche e divulgative nel settore dell’informatica e della storia del calcolo.
Di notevole interesse artistico, a Ponte Messa si erige maestosa  la PIEVE DI SAN PIETRO IN MESSA del XII sec. di stile romanico. La facciata presenta lesene verticali  che incontrano modanature orizzontali con un portale che sopravanza appena.
L’interno , a triplice navata  scandita da pilastri , ha  un presbitero sopraelevato e una cripta che non è più quella della chiesa madre.
Lungo la strada  statale si trova  la PISCINA E CAMPING DA QUINTO  che, nella stagione estiva, richiama turisti e persone dei paesi limitrofi.
Ponte Messa è la zona  industriale del Comune di Pennabilli : nel suo territorio sono ubicate le INDUSTRIE  che rappresentano la principale fonte di occupazione locale.    

           Il MUSEO DI INFORMATICA E STORIA DEL CALCOLO di PENNABILLI (località PONTE MESSA), inaugurato il 13 luglio 1991 con finalità scientifiche, culturali, didattiche e divulgative nel settore dell’informatica e della storia del calcolo, è stato visitato finora da 75.000 persone , in prevalenza studenti delle superiori e insegnanti. Un numero così elevato di visitatori è stato ottenuto senza alcuna pubblicità, con la sola tecnica del "passaparola" fra le scuole,  e rappresenta la prima iniziativa del genere in Europa . La particolare funzione didattica del Museo consente di avvicinarsi con piacere e curiosità al mondo del computer e della matematica ripercorrendone le tappe fondamentali .
Varie le curiosità e i "pezzi" esposti .
Nella SEZIONE CALCOLO: tavolette e calculi sumeri , elamiti, cretesi; papiri egizi; abachi e lapidi romane; un crivello di Eratostene; suan pan cinesi, soroban giapponese, scoty russo; tavola per contare  medioevale con gettoni; quipù inca e peruviano;
tallies inglese e francese; bastoni, ossi e rulli di Nepero (1617);regoli e nomogrammi; la Pascalina (1642); addizionatrici, calcolatrici meccaniche  ed elettromeccaniche.
La SEZIONE INFORMATICA inizia con una serie di vetrine didattiche sull’evoluzione  tecnologica e sulle leggi teoriche alla base dell’informatica, prosegue con la esposizione di 150 sistemi completi e funzionanti (dai 15 quintali del system /3 ai 200 grammi del pocket computer). La memorizzazione  delle informazioni, gli audiovisivi,le stazioni multimediali , computer attrezzati, per esperienze  di robotica, telematica , grafica , animazione, ipertesti, musica, matematica, didattica, intelligenza ,artificiale consentono al visitatore di  sperimentare  e comprendere  meglio l’affascinante  mondo dell’informatica .
Attualmente il Museo dispone di oltre 1000 "pezzi" esposti nella SEZIONE INFORMATICA e nella SEZIONE CALCOLO; una biblioteca con 1500 volumi significativi  e rari di informatica e matematica ; una softwareteca di 1,5 terabyte, sicuramente una delle più grosse concentrazioni di programmi scolastici; una sala convegni ; una emeroteca con riviste italiane e straniere ; una sala audiovisivi e una sala interattiva .

    PIEVE ROMANICA DI SAN PIETRO

La nascita della Pieve di San Pietro a Ponte Messa di Pennabilli viene fatta risalire al XII sec., ma alcuni documenti ci testimoniano la sua esistenza già nel 912. Anticamente, sorgeva qui un piccolo insediamento romano (la base dell’attuale altare è chiaramente un cippo romano). Il villaggio romano del Messa era un punto strategico della viabilità nella vallata, visto che da qui si controllava il vicino ponte sul torrente, il quale ha dato poi il nome all’attuale paese ed alla Chiesa.

 

La tradizione vuole che il villaggio romano fosse distrutto durante la guerra gotica del 500 dopo Cristo. Con l’avvento dei Longobardi la Pieve del Messa restò la principale chiesa del circondario. E’ impossibile stabilire quante volte essa fu ricostruita nel corso dell’alto Medioevo. In epoca tardo-carolingia (fine ’800, primi ’900), qui sorgeva già un edificio plebae (912), ma di questa struttura non si è conservato nulla.
Dopo il 1000 in tutta Italia ci fu una rinascita dell’architettura religiosa che coinvolse anche il Montefeltro e quindi la nostra Pieve. Non sappiamo chi furono gli artefici di questo singolare monumento dell’arte romanica. Questa nostra Pieve è stata costruita a pianta basilicale e la copertura, più volte rifatta, si presume fosse di pietra leggera e sottile. L’asse della Chiesa rivela una grande precisione nell’orientamento ovest-est (visto che non esisteva la bussola), infatti l’abside è volta perfettamente ad oriente così i primi raggi del sole battono direttamente sulla piccola finestrella monofora del catino absidale agevolando la funzione mattutina. La navata di sinistra è di due metri e trenta e quella di destra è di due metri e venti. Le navate sono scandite fra loro da una serie di tre pilastri per parte e da due semipilastri terminali a sezione quadrata; si formano così quattro arcate a tutto sesto, con archi volti sagomati verso l’interno. I pilastri si fondono su dei plinti a vista quadrati. I capitelli sono a doppia piramide rovesciata. L’abside e la cripta sono andate perdute; della cripta restano il portale d’ingresso centrale e i resti di una semi-colonnina. All’estremità della navata di sinistra si alzava la torre campanaria, caduta in parte prima del ’600.
La decorazione interna, per la maggior parte, è andata perduta. I residui capitelli di destra sono intagliati con varie figurazioni: in quello di fondo si decifrano tre teste d’ariete; in quello del pilastro seguente si individuano accurate incisioni a fogliame; nel plinto sottostante vi sono motivi a treccia, a spirale, a volute. Nella parte sinistra non si rileva alcuna decorazione: come se l’opera sia stata improvvisamente interrotta.
L’ornamento dell’abside si è quasi completamente perduto: restano un segmento di cordolo attorcigliato, un capitello recante l’immagine di un’aquila ad ali spiegate, una formella con due uccelli dal becco adunco e con i colli incrociati, un cavallo fasciato in vita, portante in groppa una croce greca; un’altra formella raffigurante un animale enigmatico che si trova rimurato sul pilastro in fondo a destra.
Solo la facciata ha resistito per otto secoli a guerre, terremoti ed intemperie. Nella sua parte destra, le cornici sono ornate da motivi a nastri intrecciati in cui sono racchiuse piccole stelle a cinque punte o piccoli dischi. A sinistra rincorrono motivi a fogliame ed ancora intrecci. Nei punti di intersezione con i cordoli sono disegnate delle foglie lanceolate a forma di croce. Il portale d’ingresso è coperto dal pròtiro, costituito da due archivolti in blocchi di pietra arenaria e da una cornice tortile di fondo. Altre due cornicette in cotto, l’una lineare e l’altra dentata, ingentiliscono la struttura. File alternate di mattoni rosso-scuri negli spigoli e nelle facce del pròtiro stesso fanno rilevare una certa ricercatezza coloristica. L’archivolto poggia su due lastre rettangolari, sotto le quali sporgono dal muro due massicce mensole di pietra, le quali sono scolpite da figurazioni simboliche. Nella mensola di destra è delineata l’immagine di un cane alato che ringhia: nella mitologia medioevale esso rappresentava il peccato; nella faccia interna vi è raffigurato un dragone con la coda attorcigliata che simboleggiava il paganesimo o l’eresia. Sugli spigoli vi è l’aquila con le ali spiegate e dall’altra sporge una testa d’ariete con le corna arcuate. Essi difendono l’albero della vita che è scolpito nel mezzo e rappresentano il sacrificio e la risurrezione di Cristo. Nella mensola sinistra, in entrambe le facce laterali ricorre un nastro bisolcato intrecciato, simbolo dei misteri divini. In due formelle di arenaria, poste sotto la mensola, sono stilizzati due piccioni liocorni, simbolo della castità.
Verso il 1700 la Pieve fu ristretta a metà della navata centrale, mentre l’altra metà e quelle laterali furono adibite a casa colonica. Ancora verso il 1930 la Pieve era utilizzata come casa di contadini.
I restauri che oggi vediamo furono fatti nell’ultimo dopo guerra. Oltre che uno stupendo monumento cristiano-romanico, la nostra Pieve di San Pietro in Messa, fu anche un polo di sviluppo civile e sociale: davanti ad essa, infatti, si tenevano giudizi pubblici e le contrattazioni private; era il luogo dove fiorivano le arti e i mercati; dove venivano favoriti gli scambi commerciali e culturali.
L’inquieta umanità di oggi dovrebbe volgersi ogni tanto indietro, a considerare gli eventi della storia, della propria storia, cercando di salvare e non di distruggere o di disperdere, le testimonianze scritte o visive che ancora ci rimangono e che con tanta fatica lo studioso cerca di ricomporre.
Anche per tali motivi abbiamo fatto il tentativo di ricostruire questo mosaico di notizie, certamente incompleto, sulla Pieve di San Pietro in Messa. Perché su di essa qualcosa rimanga: per noi e per quelli che verranno dopo di noi.

 

       

 

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